di Damiano Fedeli
“Il territorio fiesolano non è particolarmente vocato per le api, ovvero per una produzione di miele a larga scala. Infatti non ci sono fioriture nettarifere in abbondanza. Basta guardarsi intorno: prevalgono gli ulivi, i cipressi”. Lorenzo Lander di Agrilander è il maggiore produttore di miele del territorio fiesolano. Un’avventura che ha cominciato qualche anno fa e che ora è la sua principale. Oggi è la Giornata internazionale delle api, un modo con cui si è deciso di celebrare in tutto il mondo l’importanza di questi insetti che – come sottolinea Lander – impollinano il 70/80% di quello che mangiamo e per questo sono fondamentali”.
“Da noi a Fiesole, e in particolare nella valle del Mugnone, ci sono diversi produttori, anche se piccoli. Abbiamo un gruppo whatsapp con gli apicoltori della zona: sono venti/venticinque e fra questi tanti sono gli hobbisti”, spiega Lander. Qua a Fiesole “Si riesce a fare un miele in quantità non enormi. Una media di venti chili per arnia nelle stagioni buone. Mancano nel territorio alberi da frutto o coltivazioni come colza e coriandolo, ma anche pacciamature con piante leguminose. Queste favorirebbero molto le api”. Tanto che Lander lancia una proposta: sarebbe fantastico se il Comune usasse per il verde pubblico o anche semplicemente per le fioriere alberi e piante amati dalle api. Sarebbe davvero un bel segnale”.
Il miele fiesolano è in definitiva prevalentemente un millefiori. “Si può ottenere qualche miele che può tendere al tiglio, ma sono difficili altri tipi monofloreali. Per fare il miele di castagno porto le api a Polcanto”. Quest’anno le cose sembrano mettersi discretamente. Anche se a fine marzo c’è stata una nevicata “che ha influito negativamente sulla fioritura dell’acacia, una delle più importanti per gli apicoltori”. Ma ci sono stagioni come quella del 2017 o lo scorso 2019 che hanno visto la produzione praticamente azzerata. “Stagioni disastrose a causa del meteo, e quindi con ogni probabilità del cambiamento climatico. Nel 2019, ad esempio, ci sono stati quattro cambi repentini di temperature e continui ritorni di freddo”. Una condizione tutt’altro che ideale perché, spiega Lander, “L’alveare ha l’andamento come di una fisarmonica: d’inverno è piccolo, poi cresce e si espande a primavera. Se arriva il freddo quando non dovrebbe esserci, le api non capiscono più cosa fare e vanno in sofferenza”.
Ma come possono anche i cittadini contribuire al benessere delle api, vista la loro importanza? “Tutti possono fare qualcosa nel loro piccolo. Ad esempio mettendo nei giardini o nei terrazzi fioriture che le attirino, come ad esempio aromatiche o erbacee fiorite. Un secondo aiuto che tutti possono dare è quello di non tagliare tutti i prati. Questo, ovviamente, è più valido per il mondo agricolo che ha appezzamenti più grandi e che può lasciare delle strisce di terreno allo stato selvatico con fioriture che possano attirarle. Quello è, diciamo così, il loro, pascolo principale”. Ma c’è un altro aspetto su cui tutti possono fare qualcosa: “Occorre fare attenzione a quello che compriamo. Se acquistiamo prodotti che provengono da agricoltura o allevamenti intensivi, sosteniamo economicamente un tipo di produzione che, facendo largo uso di fitofarmaci, va a danneggiare le api. È fondamentale stare attenti a quello che si compra: a Fiesole abbiamo buone possibilità di acquisti da produttori locali, biologici e a chilometro zero. Forse siamo ancora un po’ carenti sulla produzione di frutta e ortaggi, ma qualcosa si può fare”.
Silvia Cantini dell’agriturismo Villa di Campolungo sottolinea: “Quest’anno abbiamo avuto quattro sciamature e abbiamo allargato le casette. C’è una fioritura molto variegata che ci fa ben sperare. E poi, che dire: avere le api accanto a casa, che vanno e vengono, con il loro suono così piacevole, è qualcosa che ci riconcilia con la natura”. “Sono zone molto belle, con una buona varietà di coltivazioni”, sottolinea Enrico Cavinato, apicoltore per passione venuto qua dal Veneto e che collabora con la Villa di Campolungo. “Sono qui in Toscana da due anni ma le api le ho portate solo lo scorso anno: non potevo farne a meno, era come se mi mancasse qualcosa”, racconta l’apicoltore. Che, fra l’altro, usa una tecnica particolare lasciando alle api la possibilità di costruire il favo a loro piacimento su un telaio mobile invece di utilizzare i fogli cerei comunemente usati per avere delle cellette esagonali standard.
Matteo Arnetoli dell’azienda agricola Cicaleto spiega: “Il millefiori viene molto bene da noi, quello d’acacia è più difficile. Io le api le porto a Montesenario per fare il miele di castagno. Nella mia azienda diversifico, faccio ortaggi, zafferano, legna. Certo non potrei fare solo miele: non ci camperei. Ma le api sono anche sentinelle per l’ambiente. E se in generale non sono ottimista, devo dire che nella nostra zona siamo messi meglio, anche grazie alla presenza di tanta agricoltura biologica”.
“Quest’anno, con la lunga chiusura dovuta al coronavirus, la qualità dell’ambiente è migliorata ulteriormente, anche da noi”, sottolinea Edo Bichi dall’azienda Saltapoggio. “Per ora un po’ di acacia è stata fatta. E in giro si vedono anche un po’ di api selvatiche. Un segnale davvero positivo”.