Il Fiesolano

Antonella Berardi, una vita fra cinema e teatro

di Damiano Fedeli
È una vita trascorsa fra i set cinematografici e i teatri, la sua. Girando il mondo ma tornando sempre a Fiesole, “a Montececeri”, come rivendica con orgoglio. Nella splendida villa, con parco e azienda agricola sul colle più verde di Fiesole. Antonella Berardi, scenografa e costumista ripercorre in questa video intervista al Fiesolano la sua carriera. Partendo dagli studi d’arte con Emilio Vedova a Salisburgo dove suo nonno, il musicista Bernhard Paumgartner aveva fondato il prestigioso festival che quest’anno compie cent’anni. E ancora ricorda il padre, l’architetto Pier Niccolò Berardi, di cui lo scorso anno è stato celebrato il trentesimo dalla morte, anche con una mostra alla sala del Basolato. Per arrivare alla straordinaria carriera, dagli esordi nel teatro fino al rapporto privilegiato con la regista Cristina Comencini che l’ha voluta sempre accanto a sé a disegnare i costumi per i suoi film.

Da pochi mesi Antonella Berardi ha perso il marito, il giurista Cosimo Marco Mazzoni, morto a Parigi lo scorso novembre. “Mi manca in una maniera incredibile: si facevano tante cose, si andava in tutto il mondo. Abbiamo trascorso una vita insieme. Proprio quest’anno avremmo dovuto festeggiare cinquant’anni di matrimonio”, ricorda commossa. Qualche anno fa Mazzoni si era anche impegnato per la difesa del territorio e del paesaggio fiesolano, fondando il Comitato per Fiesole, al tempo dei grandi cantieri fiesolani come quello dell’area ex Garibaldi. “Persona intelligente, coltissima, con una memoria di ferro. Eravamo diversi, molto, ma complementari. E noi che non abbiamo avuto figli abbiamo un drappello di giovani, fra le mie assistenti e i suoi allievi, che sono rimasti sempre presenti nelle nostre vite”.

Su questi mesi di pandemia, Antonella Berardi dice di essersi meravigliata di come rapidamente la natura abbia saputo riappropriarsi degli spazi. “Mi auguro che non ci dimentichiamo in fretta, anche qui a Fiesole, la lezione di questi mesi. C’è fretta di tornare alla normalità: ma la normalità di prima non andava bene, lo capiamo? Vogliamo davvero tornare a riempire le nostre strade strette di suv?”.