di Damiano Fedeli
Le ultime statistiche pubblicate dal Ministero delle Finanze – relative alle dichiarazioni dei redditi 2018 (anno d’imposta 2017) – pongono Fiesole al secondo posto in Toscana fra i comuni con il reddito procapite più alto. Con una media di 26.053 euro a testa precediamo di un soffio i terzi in classifica, Forte dei Marmi (26.009 euro) e siamo ben staccati dai primi, il comune di Lajatico (35.162). Un dato, quest’ultimo del comune del pisano che, va detto, è ampiamente “drogato” da un unico contribuente: Andrea Bocelli. E con i due comuni Fiesole si è giocata negli anni, alternandosi in vetta, le prime posizioni in questa graduatoria regionale.
Fiesole appare molto ben messa anche nella classifica nazionale, conquistando un 66esimo posto in Italia su quasi 8mila comuni. Ma come è distribuita la ricchezza a Fiesole? Siamo tutti paperoni, come parrebbe da questi numeri? Ovviamente no. Se si vanno a scomporre gli stessi dati sulle dichiarazioni 2018, si notano infatti dei grandi squilibri. Si vede, ad esempio, che il 21% del reddito totale fiesolano è stato prodotto da appena l’1,83% dei 10mila contribuenti: 190 persone appena che hanno dichiarato un reddito medio di oltre 300mila euro. Il grosso della popolazione fiesolana sta nelle fasce di reddito fra 15mila e 26mila euro (29,8% dei contribuenti) e in quella successiva, da 26mila a 55mila (25,5% dei contribuenti). Con una fetta non indifferente di popolazione – 21,2%, un quinto circa – che ha un reddito fra 0 e 10mila euro.
Ma da dove proviene il reddito dei fiesolani? Per il 44% circa da lavoro dipendente, per il 32% da pensione, per percentuali intorno al 6% rispettivamente da lavoro autonomo e da fabbricati. Le percentuali residue derivano da reddito di spettanza degli imprenditori e da partecipazioni.
Con questo quadro, non stupisce che davanti all’attuale situazione economica creata dal coronavirus, anche a Fiesole – al di là dei cliché e dell’immaginario generale di luogo di ville e milionari – nella sua ossatura sociale fatta di ceto medio, non siano pochi quelli che stanno andando in sofferenza, sfiorando la povertà. Lo testimoniano le richieste dei buoni alimentari del Comune. “Ne ha bisogno la mia ragazza, che lavorava in un ristorante adesso chiuso per questa situazione”, ci ha scritto in questi giorni un lettore, ad esempio.
E lo testimoniano le associazioni di volontariato che si occupano di distribuire pacchi alimentari. Dice Alessandro Gori, della Misericordia di Compiobbi: “Seguivamo fino a ora un numero più ristretto di persone, ma adesso sono aumentate. Proseguiremo l’attività che abbiamo fatto anni indietro, ma potenziata perché dobbiamo rispondere a un numero maggiore di famiglie”. “Prima avevamo un numero stabile di persone che seguivamo. Adesso se ne sono aggiunte una serie che per questioni di lavoro perso o di cassa integrazione, si trovano in difficoltà a casa”, aggiunge Fabrizio Ulivieri, presidente della Fratellanza Popolare di Caldine. “Abbiamo allargato le maglie che usavamo per consegnare la merce. Chiediamo anzi sui nostri social di segnalarci in modo anonimo persone e famiglie in difficoltà che normalmente non si rivolgevano ai servizi sociali”.
Se c’è una cosa di cui il nostro territorio non appare più povero è, però, la solidarietà. Con, per fare un esempio, il Distretto biologico che ha donato prodotti alimentari alle quattro associazioni di volontariato (Misericordia di Fiesole, di Compiobbi, Fratellanza di Caldine e Croce Azzurra del Girone) per le famiglie in difficoltà economica in questo periodo. O con le iniziative anche spontanee delle ceste solidali dove lasciare se si ha la possibilità o prendere se si ha necessità prodotti alimentari o altro, come a Caldine o al Girone.
Sarà una situazione con cui tanti dovremo misurarci. La via d’uscita non sembra né breve né facile.