Il Fiesolano

Quel capolavoro fiammingo
mai arrivato a Fiesole per colpa dei pirati

di Damiano Fedeli
Se non fosse stato per una rocambolesca vicenda storica, con tanto di assalto dei pirati, a Fiesole ora ammireremmo un capolavoro dell’arte fiamminga. L’opera in questione è il Trittico del Giudizio Universale, un grande olio su tela da due metri per tre. Già il fatto che sia noto anche come “Trittico di Danzica” fa capire come la Storia lo abbia destinato in Polonia. A dipingerlo fu Hans Memling (1435-1494), pittore di origine tedesca che presto si trasferì a Bruges, nelle Fiandre, divenendo uno dei maestri più famosi della splendida città belga.

Proprio a Bruges operava in quegli anni il potente banchiere fiorentino Angelo Tani, direttore e azionista di minoranza con Cosimo de’ Medici della filiale delle Fiandre del Banco dei Medici. La famiglia Tani – ed ecco il legame con Fiesole – era anche la patrona della cappella di San Michele, la prima a destra, nella chiesa della Badia Fiesolana. E per decorarla, Tani si era rivolto al miglior pittore che ci fosse a Bruges: Memling, appunto. Commissionandogli il Trittico del Giudizio Universale nel 1467.

IL TRITTICO
Il maestro fiammingo realizzò un capolavoro diviso in tre pannelli. In mezzo a quello centrale, un Cristo in trono che si erge a giudice e domina la scena, con calma e serenità, fra due ali di Apostoli, la Madonna, San Giovanni Battista, seduti su una cortina di nuvole. La scena si sposta sotto, dove c’è un arcangelo Michele in armatura e con la bilancia in mano con cui pesa le anime dei defunti che escono dalle loro fosse. A quelli a sinistra è andata bene, pare, e sono sereni. Quelli a destra, invece, si contorcono in pose scomposte. Nel pannello di sinistra, infatti, è raffigurata la porta del Paradiso. Nel pannello di destra, invece, la porta dell’Inferno. I committenti – Angelo Tani e sua moglie Caterina Tanagli – sono raffigurati sulla parte esterna dei pannelli laterali, che erano richiudibili. Voci maligne e mai dimostrate vogliono che Tani avesse chiesto a Memling di dipingere fra i dannati Tommaso Portinari, suo rivale come uomo di fiducia dei Medici che poi effettivamente gli succederà come direttore della filiale di Bruges del Banco (e che per non essere dal meno del predecessore commissionò a un altro grande fiammingo, Hugo Van der Goes, il cosiddetto Trittico Portinari, oggi agli Uffizi).

IL TRASPORTO VERSO FIESOLE
Il viaggio del Giudizio Universale commissionato da Tani da Bruges verso Fiesole comincia nella primavera del 1473. Il tragitto prevedeva il passaggio del Mare del Nord, l’attraversamento della Manica, uno scalo commerciale in Inghilterra, a Southampton, e la discesa verso sud ovest lungo le coste del Portogallo, per poi entrare nel Mediterraneo fino a Pisa. Il viaggio era organizzato, ironia della sorte, proprio dal Portinari rivale di Tani. Prevedeva una flotta di due galee, la San Tommaso (su cui viaggiava l’opera di Memling) e la San Giorgio. È il 27 aprile del 1473 quando, al largo della città francese di Gravelines, sulla Manica, le due navi, che per non destare sospetti battevano bandiera neutrale di Borgogna, vengono assaltate dal corsaro polacco Paul Benecke. Il pirata è al soldo della Lega anseatica, l’alleanza di città tedesche in lotta allora con l’Inghilterra. La San Giorgio riesce a sfuggire, ma la San Tommaso, con il suo prezioso carico viene abbordata e assaltata, con l’uccisione di tredici fiorentini dell’equipaggio. Il carico preziosissimo che doveva essere scaricato a Southampton (oro, filati e broccati, velluti) e quello che doveva raggiungere Firenze, fra cui stoffe e il capolavoro di Memling, viene depredato.

Il corsaro donò la pittura destinata a Fiesole alla cattedrale della sua città natale, Danzica. Protestarono ufficialmente persino il papa Sisto IV e anche Lorenzo il Magnifico. Ma non ci fu niente da fare. L’episodio della cattura delle navi, insieme ad altri cattivi investimenti, fu fra quelli che portarono qualche anno dopo la famiglia Medici a disfarsi di Portinari. Ci fu persino un processo per il rimborso delle ingenti perdite (l’altra galea, la San Giorgio, arrivò, sì, a Pisa sana e salva nell’ottobre di quel 1473, ma naufragò un anno dopo).

L’opera del maestro fiammingo non raggiunse mai Fiesole ma a Danzica divenne un modello per la pittura di tutta l’area baltica. Nel corso del Novecento fu trasportata al Museo Nazionale della città polacca, dove è tuttora conservata.

ASSENTE ANCHE ALLA MOSTRA
Un’ulteriore curiosità ci riporta ai giorni nostri. Nel 2014 si tenne a Roma alle Scuderie del Quirinale una grande mostra dedicata proprio a Hans Memling, maestro del Rinascimento fiammingo. L’opera “fiesolana”, il Trittico di Danzica, doveva essere il pezzo forte dell’esposizione. “A distanza di quasi 600 anni, l’opera più famosa di Memling (…) toccherà il suolo italiano per la prima volta”, recitava il comunicato stampa di annuncio della mostra. Fatto sta che poi all’ultimo, con un braccio di ferro diplomatico Italia-Polonia andato avanti fino all’ultimo, l’opera non verrà mai portata alla mostra romana, con gli organizzatori costretti all’ultimo a modificare le cartelle stampa. Pare proprio che il destino di quest’opera debba svolgersi lontano dall’Italia.